Prende il nome dai due medici che per prima la descrissero, Julius Arnold e Hans Chiari, l’alterazione strutturale della fossa cranica posteriore che porta il cervelletto ad uscire (in medicina, il termine tecnico è protrudere) dalla sua posizione naturale attraverso il foro occipitale, che si trova alla base del cranio.
Esistono 4 differenti tipi di malformazioni che si differenziano in base alla gravità della protrusione e a quando questa si presenta: i primi due sono più comuni e meno gravi mentre gli altri sono molto rari e incompatibili con la vita.
Nello specifico, la sindrome di Chiari di tipo I si manifesta per lo scarso spazio cranico ma è asintomatica almeno fino alla tarda adolescenza; quella di tipo II, invece, è congenita e sempre sintomatica, ovvero provoca una condizione denominata idrocefalo (accumulo di liquor in sede cerebrale) e l’interruzione della segnalazione nervosa.
Le malformazioni di tipo III e IV derivano rispettivamente da idrocefalo e siringomielia (presenza di una o più cisti all’interno del canale spinale) e, nel secondo caso, dal mancato sviluppo di una parte del cervelletto (agenesia cerebellare).
In tutti i casi, questa malattia risulta ad oggi incurabile ed esistono soltanto dei trattamenti per alleviare la sintomatologia; per il momento i ricercatori ritengono che possa avere un’origine ereditaria, anche se sono ancora sconosciute le condizioni genetiche e il tipo di trasmissione che la provoca.