di Alessandra Giacumbo, psicologa psicoterapeuta e socia Associazione Psyche
I “nativi digitali”, secondo il nostro vocabolario, sono coloro che vengono esposti e quindi abituati all’uso delle nuove tecnologie fin dalle primissime fasi di vita. Oggi potremmo riconoscere in questa definizione una buona fetta della popolazione e, in particolare, la fascia d’età che va dai 9 ai 16 anni, che inizia ad avere sempre più accesso al mondo online, è quella che desta maggiore preoccupazione in chi è lontano dal poter essere definito un “nativo digitale”.
Sarà capitato a tutti di assistere alla scena di un bambino intento a guardare i cartoni allo smartphone, oppure di un ragazzo che chatta mentre raggiunge la fermata del tram. Se dovessimo quantificare il tempo che trascorriamo con i nostri device digitali in mano, probabilmente le stime circa le ore di connessione mostrerebbero dei numeri molto elevati e, se la diagnosi di “Internet Addiction Disorder” (IAD) dipendesse solo da questo, la maggior parte della popolazione rientrerebbe in questa etichetta diagnostica.
Più che sulla ricerca di un’inquadratura diagnostica, dovremmo concentrarci sul significato che tali strumenti rivestono nella vita di ognuno di noi e, quindi, sull’uso che ne viene fatto. Il mondo di internet offre molteplici possibilità ai nativi digitali: tutte le informazioni di cui si ha bisogno sono facilmente reperibili; mantenersi in contatto, anche senza doversi incontrare, è molto semplice grazie ai social network e alle applicazioni adibite alla comunicazione; è possibile accedere a streaming di contenuti video e audio di qualsiasi tipo, sulle apposite piattaforme; inoltre, si possono seguire corsi online, imparare lingue straniere e, in tempo di COVID, ha permesso di continuare a frequentare scuole, università e lavoro. Proprio durante la situazione emergenziale legata al COVID-19, che ci ha costretti a casa e ha rivoluzionato la routine di tutti, sono stati i giovani ad andare in soccorso degli adulti, diventando i loro “tutor digitali” e aiutandoli a impratichirsi nell’uso di vari strumenti online. Questo divario tra il mondo dei grandi e quello dei nativi digitali, quindi, ha trovato dei primi punti di contatto. Questi, però, non sono ancora sufficienti.
Se pensiamo alla rete come a un mezzo di socializzazione e a una risorsa per la crescita delle nuove generazioni, possiamo facilmente intuire come i divieti, le restrizioni e le punizioni legati all’utilizzo del digitale siano spesso vissuti con estrema sofferenza. Essere tagliati fuori dal mondo social è fonte di preoccupazione per i giovani e dovrebbe esserlo anche per i genitori. Infatti, è attraverso i social network che oggi, soprattutto gli adolescenti, affrontano la difficile fase di transizione che li mette difronte a uno dei compiti più difficili: la costruzione dell’identità (Erikson, 1968). Questo compito evolutivo (Havighurst, 1952) porta a vivere degli sconvolgimenti consistenti, spingendo l’adolescente a procedere per prove ed errori, identificazioni e controidentificazioni, anche in base al modello dei pari. Come potrebbe sentirsi, allora, un adolescente che non può accedere ai social, mentre tutti i suoi coetanei lo fanno?
La conoscenza della vita online e del significato che questa riveste per le nuove generazioni potrebbe aiutare gli adulti a creare un ponte, piuttosto che ad alzare muri. È necessario che i genitori accompagnino i figli nel tortuoso mondo di internet, che lo conoscano a fondo, in modo tale da poter parlare di opportunità e rischi in maniera costruttiva. Infatti, oltre alle opportunità e alle risorse offerte da internet precedentemente elencate, il genitore dovrebbe promuovere un uso consapevole e controllato di internet. Un uso consapevole deve contemplare anche l’essere coscienti che i social non sono l’unico modo di vivere e guardare al mondo che ci circonda. Il modo in cui questi sono costruiti, cioè gli algoritmi che ne regolano la fruizione, fanno in modo che i contenuti siano in linea con gli interessi di chi naviga e con ciò per cui ha espresso apprezzamento attraverso i “like”. Sapere che il mondo non si ferma a ciò che ci viene proposto sulla base dei nostri interessi, essere a conoscenza che i modelli propagandati online non sempre sono autentici, così come la possibilità di approfondire dei contenuti e saper discernere una fonte attendibile da una meno affidabile sono solo alcune delle dritte che un genitore potrebbe o dovrebbe dare a suo figlio durante la navigazione.
Pensiamo al digitale come a un amico, che ci accompagna da diversi anni e continuerà a farlo, rivestendo un’importanza diversa a seconda dell’utente, della fase del ciclo di vita in cui si trova e anche della cultura di riferimento. Non possiamo, però, guardare al mondo digitale come a qualcosa da tenere a distanza o da temere. Lasciare fuori i giovani da internet e dai social network, ad oggi, è più rischioso di entrarvi insieme a loro.
BIBLIOGRAFIA
Erikson E. H., (1968), Identity: Youth and Crisis, New York: W. W. Norton (tr. it. Gioventù e crisi d’identità, Roma: Armando Editore, 1995).
Havighurst R. J., (1952), Developmental tasks and education, New York: Longman.
Lancini M., Cirillo L., Scodeggio T., Zanella T. (2020). L’adolescente. Psicopatologia e psicoterapia evolutiva. Raffaello Cortina.
Smahel, D., Machackova, H., Mascheroni, G., Dedkova, L., Staksrud, E., Ólafsson, K., Livingstone, S., and Hasebrink, U. (2020). EU Kids Online 2020: Survey results from 19 countries. EU Kids Online.
SITOGRAFIA
https://www.treccani.it/vocabolario/nativo-digitale_%28Neologismi%29/
https://www.istitutopsicoterapie.com/dsm-5-dipendenze-da-non-sostanze-linternet-addiction-disorder/